Francesco Riccardo Monti, lo scultore che abiurò Cremona

Eppure aveva fondato e presieduto la Canottieri Leonida Bissolati - Il suo regno era "L'orto dei marmi" - Una straordinaria storia umana ed artistica ricordata in un bel libro di Anna Filippicci Bonetti

di Gianfranco Taglietti


Erano le grigie giornate del novembre 1914. La guerra , la prima guerra mondiale, era già iniziata. Sul fronte della Marna già si combatteva e si moriva. Nei giovani italiani di allora si ridestava lo spirito ardente risorgimentale, la passione per il sacrificio supremo per la Patria.

"L'orto dei marmi", l'atelier degli scultori Monti, sulla curva di sinistra di accesso a via sant'Ambrogio ( oggi via Bergamo), si allargava ampio e senza vita; vi sorgevano, tra le robinie, lastre di marmo, massi informi verdastri, figure umane che lo scalpello aveva appena abbozzate, gessi di statue dilavati dalle piogge. Sull'atelier degli scultori Monti aleggiava una tristezza misteriosa; arcani pensieri serpeggiavano furtivi.

Un giovane, Gianni Cipolla, figlio del Provveditore agli studi, ne trasse ispirazione per un poemetto: "I funerali di un eroe": quel luogo, dove il verde dell'erba e il bianco dei marmi e della neve coniugavano le loro sinfonie di vita e di morte, assume dimensioni poetiche. Ne riportiamo alcuni passi:

L'orto dei marmi:/ ecco il granito roseo di Candoglio/ leggero, per la tomba d'un fanciullo sfiorito;/ e il candido marmo/ venato di cielo/ pel seno d'una vergine;/ la silice nera/ pel tumulo d'un'anima fiera;/ la lastra rossa/ per la fossa/ d'un eroe invitto;/ le lastre grigie,/ come sorelle velate del chiostro,/ in fila, lungo il muro dell'orto/ e il rostro di bronzo antico/ pel navigante sperdutosi in mare./ Le schegge dei marmi/ come ossa sparse, all'ombra/ delle robinie fronzute,/ sotto le ossute membra di un albero./

III -

Forse son sepolcreti infranti/ o son membra giganti/ stritolate da un masso possente,/ tagliate da un rude fendente?/ Vedo, nel marmo lavorato,/ le impronte umane,/ le dita del Maestro./ Solitario vi è un masso/ informe e magnifico:/ è forse la tomba di un Dio?/ Là non vi sono che le dita del tempo.

Questi versi furono sognati nell'Orto dei marmi, un grande vivaio di marmi grezzi, ove l'Amico scultore lavorava alle sue innumeri statue funerarie. Completiamo questa rievocazione con la notizia che il giovane poeta Gianni Cipolla, volontario di guerra, morì per la Patria due anni dopo, nel novembre 1916.

Ebbene, "L'orto dei marmi" è risorto presso di noi, in questi giorni autunnali, per virtù di una signora piena di entusiasmi e di giovanile vivacità. Eppure è nonna, la signora Anna Filippicci Bonetti, vedova del dott. Riccardo Bonetti, figlio della prof. Nini Monti, figlia a sua volta dello scultore Francesco Riccardo Monti, a cui è dedicato il volume "monumentale", che ne celebra l'arte per affidarlo alla storia ed alle glorie cremonesi.

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Monumento a Bruno Ferrari.


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Gruppo statuario sulla cimasa del sesto androne cimiteriale a Cremona
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Lavoratore
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Leonida Bissolati
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Roberto Farinacci
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Ascaro, bronzo, 1928
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Imam
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Scultura allegorica per fontana a Bacolad (1949)
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Il cantastorie, bronzo 1938
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Mamma filippina



Nato a Cremona nel 1888 in una famiglia di scultori originaria di Viggiù (Antonio, Silvio, Alessandro furono anch'essi assai abili nell'usare lo scalpello), Francesco Riccardo Monti (detto Dino) fece i suoi primi studi in Seminario. La sua vivace intelligenza lo portò presto alla Accademia di Brera.

Iniziò la sua attività nell'atelier di famiglia, affermandosi presto come artista di non comune livello. Alacre, sportivo, già quattordicenne, era socio-studente della Canottieri "Baldesio". Insofferente di disciplina e di costumanze borghesi, si fece promotore di una scissione e, insieme ad altri giovani, fondò la società canottieri "L.Bissolati", di cui fu il primo presidente.

La sua opera di scultore è documentata, a Cremona, dai molti monumenti nel Cimitero della nostra città. Furono queste sculture ad ispirare ad Anna Filippicci la sua ricerca appassionata e davvero degna di ammirata considerazione.

"Il proposito di dedicarmi alla ricerca.... sorse in me.... per affinità spirituale, quando, anni or sono, vidi parte delle sue opere cimiteriali : pensai che quei monumenti fossero un prezioso tesoro artistico della città di Cremona, che meritavano di essere conosciuti ed apprezzati da tutti".

"In questo primo periodo il Monti si realizzò infondendo , alla dura materia, sembianze dense di incombente tragicità commiste ad un senso di spirituale elevazione mistica.... Collateralmente esegue, con immediatezza di espressione e morbidezza plastica di forme, busti e statue di varia natura; vedi -in primis- la "Cieca" del civico Museo, ove l'Artista ha saputo tradurre nel composto atteggiamento una soave, rassegnata dolcezza....." (Aldo Bittanti). Continuò a scolpire fino al 1929, quando, per una circostanza particolare (ne parleremo nella pagina successiva) decise di abbandonare Cremona, che pure amava, per cercare la valorizzazione delle energie prorompenti e nell'ansia di affrontare - nell'ignoto - i suoi sogni d'artista. Sanremo, Nizza, New York, Manila, Hong Kong, ancora Manila, furono le tappe della sua nuova vita artistica.

Acquistò fama, raggiunse la celebrità e, con la celebrità, vennero le interviste, le fotografie su giornali e riviste. Si esaltava il suo stile personalissimo, caratterizzato da un vigore vitale eccezionale, da una rapidità quasi incredibile, da una genialità di artista che stava dimostrando, "la superiorità dell'arte italiana nel mondo" (Angelica Natividad, su "L'Indipendent", due anni soli dopo il suo arrivo a Manila). Lo si definisce il "genio che produceva quelle meravigliose forme viventi tratte dalla pietra inerte" (dal "Better time" di Manila).

Fu la seconda stagione della vita dell'Artista; la più importante e gratificante della sua esistenza, ove si trova "il Monti più autentico, quello sentimentale".

Da Manila, dove eseguì gruppi scultorei, fontane, ritratti di personaggi famosi, si trasferì ad Hong Kong, dove si trasformò in "industriale" delle decorazioni marmoree. Non più statue, figure gentili, ma edifici in marmo levigato e policromo per le pareti esterne ed anche per gli interni dei grattacieli di acciao e cemento, quasi a rivestire con un manto di bellezza l'aridità della materia costruttiva.

Il critico d'arte Franco Ragazzi conclude la sua introduzione, ampia, intelligente, chiara, citando una definizione di Giorgio Mascherpa, uno dei pochi critici d'arte italiani che mostrarono di conoscere e di apprezzare il lavoro di Monti in Oriente, il quale parla di una svolta decisiva nella sua scultura, volgendola ad un linearismo di timbro del tutto orientale impiantato su schemi di robusta tradizione europea. L'accurata rappresentazione del vero si sposa nelle sue opere con un incanto simbolico e trascendente. Mascherpa concludeva il suo intelligente testo critico sostenendo:" Monti è uno scultore che si vedrebbe volentieri in Italia, anche se nessuno ne parla... ".

Ora, grazie a questo volume, anche in Italia si potrà conoscere e parlare di Monti. Si è spento a Manila nel 1958.


Pagina aggiornata alle ore 21:41:15 di Domenica, 27 novembre 2011
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